aprile 2020
Mentre lo stato operaio cinese ha contenuto con successo i focolai
La pandemia di coronavirus imperversa in Italia, sopraffacendo il sistema medico capitalista
Marzo 2020, pazienti in terapia intensiva, allineati nei corridoi degli ospedali della provincia di Bergamo.
4 APRILE – L’Italia è il paese in cui il nuovo coronavirus COVID-19 ha colpito per primo e con maggiore intensità l’Europa occidentale. Il risultato è stato devastante, ha esposto drammaticamente l’incapacità del sistema capitalista a proteggere la vita della popolazione e a fornire ad essa un’adeguata assistenza medica. La mortalità estremamente alta che si è abbattuta in modo schiacciante sugli anziani (al 4 aprile, sono oltre 15.362 i morti su circa 125.000 casi di contagio confermati)1 ha scosso il paese con il numero più elevato di persone molto anziane in Europa. La mancanza di attrezzature medicali ha costretto i medici a valutare la gravità dei pazienti, e, in effetti, a decidere chi far vivere e chi lasciar morire. Allo stesso tempo le misure di quarantena adottate nelle principali città sono carenti, come ad esempio a Milano, e altrove implementate con mano pesante dalla polizia, dai carabinieri e dai militari.
La risposta criminalmente passiva da parte delle autorità,
nelle prime fasi della diffusione del virus, quando sarebbe
stato possibile contenerla in modo più efficace, è diventata
cosa nota quando alla fine di febbraio il capo del Partito
Democratico Zingaretti pubblica un video in cui esorta gli
italiani a “non cambiare le nostre abitudini”, solo per poi
pubblicare dieci giorni dopo un suo secondo video essendo
stato egli stesso contagiato dal coronavirus. L’esplosione del
disastro della salute pubblica italiana è però rivelatrice dei
massicci tagli all'assistenza sanitaria realizzati in
particolare dall'inizio della crisi economica capitalista
mondiale nel 2007-2008. Sono 37 miliardi di euro i tagli
apportati alla sanità pubblica nell’ultimo decennio, 70.000
posti letto ospedalieri sono scomparsi e 359 dipartimenti
ospedalieri sono stati chiusi. In Italia il numero di letti
ospedalieri in rapporto ad ogni 1.000 persone è di 3,2
rispetto ai 6 della Francia e agli 8 della Germania.
L’esercito italiano è stato chiamato per spostare i morti dai magazzini ai crematori.
Già due anni fa il Nurse Times (11 giugno 2018) citava la riprovazione espressa dall’SMI (Sindacato Medici Italiani) al suo congresso nazionale tenutosi a Napoli:
“Il blocco del turnover dura da 10 anni, regalandoci una gamma fantasiosa di contratti che vanno dalle partite Iva, Cococo, Cocopro e bruciando un’intera generazione di professionisti: il pubblico impiego in generale, ha perso qualcosa come 10 miliardi di massa salariale l’anno.
Durante il convegno inoltre è stato ricordato come in un futuro molto vicino, il pensionamento del personale sanitario, e il mancato rimpiazzo, (19.000 medici generalisti e 55.000 specialisti), porterà ‘alla scomparsa dei servizi sanitari per i cittadini’.”
A metà marzo, nel nord Italia, in Lombardia, l’epicentro della crisi, le unità di terapia intensiva temporanea vengono istituite nei corridoi, nelle sale operatorie e nelle sale di recupero. Gli altri reparti ospedalieri vengono liberati e le visite mediche regolari sono cancellate. Le province di Bergamo e Brescia sono così sovraccaricate che le strutture non possono accogliere nuovi pazienti, mentre in gran parte della Lombardia queste sono vicine al collasso. I pazienti, sia con sia senza coronavirus vengono trasferiti in altre parti d'Italia, un compito davvero difficile. I medici, gli infermieri e tutti gli altri operatori sanitari, che hanno dovuto lavorare per settimane a turni di 12 ore o anche di più, sono già stati spinti oltre il limite.
Il sindaco di Bergamo, Giorgio Goro, ha riferito che il
divario tra le risorse e l'enorme flusso di pazienti “ha
costretto i medici a decidere di non intubare alcuni pazienti
molto anziani” essenzialmente lasciandoli morire. Altri
operatori sanitari hanno dichiarato di essere stati “costretti
a scegliere tra persone di 40 anni e quelle di 60”. Il grido
dei medici: “È una catastrofe”. Con l’acuta carenza di
ambulanze, secondo quanto riferito, può essere necessario
attendere fino ad un'ora per ottenere risposta alle chiamate
di emergenza. Questo ritardo può essere fatale per chi soffre
di attacchi di cuore e gravi crisi respiratorie. La carenza di
personale medico è così acuta che persino il governo xenofobo
di ultra-destra e fascistoide della Lega in Lombardia ha fatto
appello agli operatori sanitari cinesi, cubani e venezuelani
affinché si recassero in loro aiuto. Tutti e tre questi paesi
stanno ora inviando aiuti.
La polizia al posto di blocco, in Viale Porpora a Milano, ferma i conducenti durante la quarantena del marzo 2020.
All’ultima conta, oltre 10.600 infermieri e operatori sanitari sono stati infettati dal coronavirus e 77 medici ne sono deceduti. Il sindacato dei medici Anaao-Assomed denuncia che il numero di vittime tra il personale medico continua a crescere e condanna l’“insufficienza persistente” dei dispositivi PPI di protezione individuale, a partire dalle mascherine chirurgiche. I medici sono “lasciati nudi a fronteggiare il virus”, ha dichiarato. Il direttore sanitario regionale della Lombardia, Giulio Gallera, si è lamentato del fatto che le mascherine chirurgiche arrivate dalle autorità nazionali di protezione civile erano appena, appena migliori della “carta igienica”.
La Lombardia ha visto nascere focolai precoci a causa degli intensi viaggi e contatti commerciali con la Cina, paese dove il coronavirus e stato localizzato per la prima volta. Ma i rapporti mostrano anche che l'incapacità di fermare gran parte del normale trasporto giornaliero di oltre 700.000 persone sulla metropolitana di Milano e sugli autobus ha fatto sì che l'infezione continuasse a diffondersi ogni giorno. La stampa di sinistra e persino alcuni media borghesi hanno mostrato le immagini di vagoni della metropolitana affollati, letteralmente pieni zeppi di persone. Quindi l’immagine pubblicizzata al di fuori dell’Italia, passata come qualcosa di simile a un “blocco totale”, nella realtà non è stato quello che appare. In più, i test sono stati lungi dall’essere sufficienti.
Ci sono una serie di ragioni aggiuntive per cui il COVID-19 si è diffuso molto più ampiamente in Lombardia che in altre parti d'Italia. Uno è il turismo calcistico, con decine di migliaia di fan che viaggiavano da città a città. Ma particolarmente importante è il fatto che in Lombardia, la parte più ricca d'Italia, l’assistenza sanitaria è stata in gran parte privatizzata poiché più persone possono permettersi di aggirare le lunghe liste di attesa negli ospedali pubblici. Queste cliniche private hanno nascosto l’esistenza del coronavirus nelle loro strutture per evitare di essere chiuse.2 Invece, hanno catalogato la malattia come asma, vecchiaia o problemi respiratori. Le persone sospettate di avere il COVID-19 sono state rimandate a casa per auto isolarsi e inconsapevolmente hanno infettato i loro familiari che a loro volta hanno infettato molti altri. Non erano dunque collocati in centri d’isolamento presenziati da personale medico, com’è accaduto in Cina. Questo ha fatto un’enorme differenza.
Cina: La superiorità di un’economia pianificata
L’ospedale di Huoshenshan a Wuhan, Cina. La Cina ha costruito due ospedali da 1.000 posti letto, dall’inizio alla fine in dieci giorni, per curare i pazienti con coronavirus nell’epicentro dell’epidemia.
Contrariamente a questo quadro cupo e terrificante della situazione dell’Italia capitalista, dove la pandemia di coronavirus continua a essere fuori controllo –con scene che ricordano i dipinti di pestilenze medievali– a metà marzo la Cina aveva ampiamente (ma non completamente) respinto la pandemia. In Cina le nuove infezioni che emergono, se una volta erano circa 2.500 al giorno, sono ora scese tra 5 e 20 al giorno, la maggior parte di queste sono portate da stranieri al loro ingresso dall'estero. Quindi la Cina ora sta mettendo in quarantena tutti quelli che entrano nel paese. Evidenziando questa situazione, Apple ha annunciato che sta chiudendo tutti i suoi punti vendita nel mondo, ad eccezione di quelli in Cina che invece sta riaprendo.
La mobilitazione totale della Cina contro il coronavirus non è stata perfetta, ha avuto un certo ritardo iniziale nel riconoscere la gravità di un focolaio patogeno che all'inizio era sconosciuto, così come ha visto fare anche alcuni passi falsi burocratici. Ma una volta diventata una priorità nazionale, la vasta superiorità di un’economia pianificata di uno stato operaio, sebbene burocraticamente deformato, è entrata in gioco. La Cina rapidamente riassegnava al nuovo compito non solo decine di migliaia di membri del personale medico ma anche persone di tutte le fasce della società. Riorganizzava gli ospedali per fornire cure specialistiche ai malati gravi, costruiva due ospedali in tempi record (dieci giorni, dall’inizio alla fine), trasformava le arene sportive e le palestre in centri d’isolamento, accelerava l’uso massiccio di scansioni CT (tomografia computerizzata) e si assicurava che alla popolazione fosse rifornito il cibo.
Tutto ciò e molto altro, è stato documentato, in un’intervista, dal medico canadese Bruce Aylword che ha guidato la missione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) composta da 25 esperti in visita in Cina per due settimane, all’inizio di febbraio, per valutare la risposta del paese allo scoppio del coronavirus (New York Times, 4 marzo), e nel Rapporto della Missione congiunta OMS-Cina sulla malattia del Covid-19. Come esposto in dettaglio nel rapporto dell’OMS, un blocco totale delle attività era stato messo in atto nell'epicentro della pandemia, Wuhan e nelle città vicine. La metà di tutte le cure mediche era stata trasferita online, quindi le persone non avevano bisogno di recarsi dal medico o negli ospedali. Le prescrizioni per gli articoli farmaceutici come l'insulina o quelli per il cuore erano consegnate a casa. La Cina aveva prodotto 1,6 milioni di kit al giorno per i test e i risultati dei test erano rilasciati entro quattro ore.
Dalle altre province erano stati inviati a Wuhan 40.000
operatori sanitari, molti dei quali erano volontari. Al
contempo gli impiegati del governo erano riassegnati ad altri
compiti. Distribuivano cibo, prendevano la temperatura o
diventavano tracciatori di contatto con l'infezione. Quindici
milioni di persone hanno dovuto ordinare cibo online. Il cibo
è stato consegnato. I test erano gratuiti e il governo aveva
fatto chiaro che, in caso d’infezione da Covid-19, se
l’assicurazione individuale si fosse rivelata scaduta, lo
stato avrebbe coperto tutte le spese. D’altra parte, il fatto
che i residenti delle aree urbane possano essere o no coperti
da un’assicurazione sanitaria dimostra che non esiste più una
assistenza sanitaria e una medicina gratuite in Cina, come
avveniva prima che la burocrazia stalinista introducesse le
privatizzazioni con le “riforme” che ebbero inizio sotto Deng
Xiaoping, alla fine degli anni ’70. Oggi ci sono cliniche
private, strutture mediche in joint venture, come
nell'Occidente e anche reparti negli ospedali pubblici
esclusivi per i VIP.
La consegna di verdure fresche ai residenti della zona in quarantena a Wuhan, marzo 2020.
Uscendo con successo dalla lotta contro il coronavirus, che ha mostrato in modo drammatico ciò che un’economia pianificata e diretta a livello centrale può realizzare, i comunisti rivoluzionari in Cina combatterebbero per un sistema medico completamente socializzato e un’assistenza sanitaria gratuita e di alta qualità per tutti, come parte del Programma trotskista per la rivoluzione politica proletaria.
L’OMS ha riferito: “Di fronte a un virus prima sconosciuto la Cina ha lanciato lo sforzo di contenimento della malattia forse più ambizioso, agile e aggressivo della storia.” In risposta ad una giornalista del New York Times che tendenziosamente “chiedeva”, “è possibile che tutto ciò [la mobilitazione anti-coronavirus in Cina] sia possibile solo perché la Cina è un’autocrazia?” Aylward ha risposto: “I giornalisti dicono anche ‘Beh, loro agiscono solo per paura del governo’, come se fosse un regime malvagio che sputa fuoco che mangia i bambini. Ho parlato con molte persone al di fuori del sistema negli hotel, sui treni, nelle strade di notte. Sono mobilitati come fossero in guerra, ed è la paura del virus che li guida. Si vedevano davvero come fossero in prima linea, proteggendo il resto della Cina. E pure il resto del mondo.”
La portata delle azioni intraprese con successo e del coordinamento applicate in Cina contro il coronavirus può solo essere raggiunta da uno stato operaio con un’economia pianificata. Il caos strutturale e l’anarchia dell’economia capitalista sono determinati dalla produzione fatta a scopo di lucro, scopo che la rende incapace di un efficace intervento coordinato. L’attuale crisi mostra anche la completa incapacità dei vari paesi capitalisti di intraprendere qualsiasi tipo di sforzo congiunto e coordinato per combattere la pandemia mondiale, poiché ogni paese –e spesso diverse regioni o stati all’interno di un singolo paese– persegue proprie politiche individuali di azione o inazione. La crisi del coronavirus mostra chiaramente l'urgente necessità di una pianificazione socialista internazionale.
I lavoratori combattono per le loro vite
I lavoratori della TNT di Piacenza hanno chiuso l’impianto, il 24 marzo.
Nel frattempo, i lavoratori in Italia sono stati esposti alla minaccia del coronavirus da parte dei padroni che non si preoccupano affatto della loro salute e sicurezza. Un’ondata di scioperi e interruzioni spontanee del lavoro si è verificata in tutta Italia dal momento che i lavoratori hanno iniziato a rifiutarsi di lavorare senza indumenti e attrezzature protettive e condizioni di sicurezza. Lo slogan “Non siamo carne da macello” ha preso piede tra gli scioperanti. La pressione esercitata dai ranghi nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro è stata tale che i burocrati sindacali CGIL-CISL-UIL si sono affrettati a cercare di calmare la situazione firmando un accordo il 14 marzo con i padroni e il governo: “per il bene del paese”, “Per garantire che l'Italia non si spenga”. Questo accordo ha risolto molto poco, lasciando la sicurezza alla discrezione delle direzioni aziendali. Diverse fabbriche automobilistiche FCA (Fiat Chrysler) e altri impianti sono stati chiusi per un certo periodo, presumibilmente per mettere in atto e implementare condizioni di lavoro sicure, mentre le tensioni rimangono elevate.
Poi altri scioperi hanno fatto seguito, compresi quelli largamente diffusi e coordinati del 18 e del 25 marzo, avvenuti in particolare presso i servizi dei corrieri TNT, SDA, DHL e altri siti di movimentazione logistica. La minaccia di uno sciopero generale illimitato proveniente da sezioni del movimento operaio ha costretto il governo e le aziende a chiudere più produzione. Ci sono stati anche scioperi ad Amazon, richiedenti condizioni di lavoro sicure che hanno messo in crisi le consegne. E’ necessario che comitati sindacali e di sicurezza formati dai lavoratori si facciano promotori dell’interruzione della produzione dove e qualora le condizioni di lavoro non si dimostrino sicure. Esigiamo la piena retribuzione per tutti coloro che sono senza lavoro a causa di questa crisi.
Il Nucleo Internazionalista d’Italia, sezione della Lega per la Quarta Internazionale, ha tradotto e pubblicato l’appello “For Workers Action in the Corona virus Crisis” (Per azioni operaie durante la crisi del coronavirus) del CSWP –Class Struggle Workers– di Portland sui social media. Il NId’I ha anche espresso la necessità che gli operai rivendichino: “Test per tutti nei luoghi di lavoro!” “Nessuna fiducia in coloro a cui non importa nulla della vita dei lavoratori!” e “Per il controllo sindacale / operaio con la partecipazione dei medici!”
Nel frattempo, a Roma il 12 marzo, arrivavano esperti e medici cinesi insieme a 31 tonnellate di materiale per combattere il virus. Il carico includeva ventilatori, tute anti-infezione, maschere chirurgiche anti-virus e altri dispositivi di protezione, oltre a medicinali e campioni di plasma da utilizzare per la ricerca. Presto arriverà altro materiale. Il governo cinese si sta mobilitando per inviare 1.000 ventilatori, oltre 2 milioni di maschere chirurgiche (di cui 100.000 unità ad alta tecnologia), 20.000 tute protettive e 50.000 tamponi per i test del coronavirus, riferivano le fonti. Questo materiale salverà molte vite. Luigi Di Maio, il ministro degli Esteri salutava l’arrivo dei medici, degli esperti, delle attrezzature e degli aiuti cinesi, dicendo: “Questo è ciò che definiamo solidarietà” (la Repubblica, 13 marzo). Mentre è ironicamente amaro il fatto che quest’affermazione provenga da un ministro di questo vile governo borghese, al tempo stesso questo suo commento e la favorevole copertura mediatica contrasta con la virulenta campagna anticomunista contro la Cina che imperversa negli Stati Uniti.
Tuttavia, anche in Italia ci sono stati alcuni attacchi fisici e verbali contro cinesi e altri di origine asiatica durante la crisi del coronavirus. Quasi 300.000 cinesi vivono in Italia, 23.000 dei quali a Prato. Lavorano per lo più in imprese, dove le condizioni di lavoro sono pessime e vivono nell’ombra con integrazione marginale. I SI Cobas hanno cercato di organizzarsi in quest’area e, infatti, vi si sono tenute diverse manifestazioni dei lavoratori, però allo stesso tempo si sono anche verificati alcuni pestaggi dei primi membri di questo sindacato. La comunità cinese di Prato ha chiuso tutte le attività prima del blocco nazionale. Di conseguenza, non c’è stato un solo caso noto di COVID-19 in questa comunità, sebbene 2.500 dei suoi membri fossero tornati dalla Cina dopo le vacanze del Capodanno lunare (La Nazione, 21 marzo).
L’efficace, e senza precedenti, mobilitazione in Cina contro il coronavirus, l’aiuto che questo paese sta dando all’Italia con l’aggiunta della condivisione della sua preziosa ricerca scientifica a livello internazionale mostrano l’enorme vantaggio di un’economia pianificata rispetto all’anarchia e al caos capitalisti guidati dal profitto. Perciò, mentre vari gruppi pseudo-trotskisti, socialdemocratici, anarchici, bordighisti, femministe e vari altri fanno eco agli attacchi anticomunisti contro la Cina da parte delle potenze imperialiste, noi del Nucleo Internazionalista d’Italia / LQI sosteniamo la difesa militare incondizionata dello Stato operaio deformato cinese contro l'imperialismo e siamo per la mobilitazione rivoluzionaria proletaria contro le forze interne di controrivoluzione che minacciano le conquiste della rivoluzione cinese del 1949, mentre ci battiamo per la rivoluzione socialista in Italia e a livello internazionale. ■