agosto 2016
No alla Fortezza Europa Razzista!
Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati!
Per gli Stati Uniti Socialisti d’Europa!
Italia: La crisi dei rifugiati
e la barbarie capitalista
Italian navy photo shows refugees jumping into water as overcrowded boat capsizes off Libya, May 25. In the last week of May more than 1,000 drowned in the Mediterranean.
Grafiche immagini di corpi senza vita distesi lungo le battigie o galleggianti in mare, di decrepite carrette del mare – trappole mortali stipate di gente come fossero sardine in scatola – in mare senza meta, alla deriva, di sopravvissuti esausti e traumatizzati, piangenti per la perdita dei loro cari, hanno portato la crisi dei rifugiati in Europa alla luce dei riflettori. Un numero infinito di altri silenziosamente muore di freddo, fame e malattie in luoghi isolati o in campi di fortuna. Secondo stime ufficiali (certamente grossolanamente sottostimate), l’anno passato più di 3.700 immigrati sono morti attraversando il Mediterraneo, e solo nei primi cinque mesi del 2016 sono stati più di 2.500. Più di 1.000 affogati nell’ultima settimana di maggio. Nel frattempo, circa 66.000 immigranti hanno raggiunto l’Italia durante la prima metà dell’anno, includendo l’arrivo dei 10.000 negli ultimi giorni di giugno.
Il flusso massivo di rifugiati disperati e di immigrati verso l’Europa è il risultato della devastazione imperialista del Medio Oriente, Africa e parte dell’Asia e dell’eredità di più di un secolo di brutale dominio coloniale e semicoloniale e di rapace sfruttamento economico. Le guerre di conquista imperialiste, le massicce devastazioni e i massacri in Afganistan, Iraq, Libia e Siria hanno forzato milioni di persone a lasciare le loro case (se queste esistono ancora) e migrare. In Siria, un paese di poco più di 20 milioni di persone, 12 milioni sono stati obbligati a migrare, 8 milioni internamente alla Siria e 4 milioni all’estero.
L’Italia ha giocato un ruolo importante nelle guerre imperialiste in Iraq, Afganistan e Libia. Il pesante bombardamento della Libia del 2011 da parte dell’aviazione della Nato, con aerei da guerra partiti dalle basi militari in suolo italiano, ha distrutto tutta l’infrastruttura industriale che faceva della Libia un paese autosufficiente. Ancor oggi il paese nord africano può solamente gestire l’esportazione di circa un quarto del petrolio che esportavano prima del 2011. L’imperialismo italiano ha conquistato la Libia e l’ha ridotta in schiavitù come sua colonia dal 1911 al 1931, sia prima sia durante il regime fascista di Mussolini, uccidendo più di 200.000 persone. Questo incluse le atrocità terribili commesse in campi di concentramento come quello di El Agheila (di cui parla Enrico Salerno nel suo libro Genocidio in Libia, riportando la magnitudine dei crimini commessi dall’imperialismo italiano in Libia).
La reazione dei paesi dell’Unione europea (EU) al flusso di rifugiati è stato quello di costruire barriere per tenerli fuori, come hanno fatto in Bulgaria, Grecia, Ungheria, Slovenia e Turchia. La sicurezza è stata rafforzata ai confini e l’area del Mediterraneo estremamente militarizzata. Migliaia sono tenuti imprigionati in campi di detenzione (lager). Inoltre, i governanti dei paesi imperialisti hanno messo in atto leggi per la deportazione e firmato accordi di deportazione con altri paesi. Tutto questo è accompagnato da demagogia razzista sulla “invasione” straniera per montare l’isteria sulla possibile infiltrazione di “terroristi” e vomitano intolleranza anti-islamica elevando barriere a difesa della cultura europea cristiana.
Le borghesie dell’UE, come quella di tutti i paesi capitalisti, vogliono il controllo dell’immigrazione cosicché solamente quelli che sono potenzialmente utili possono entrare, per spremere il loro lavoro per trarne i maggior profitti. Il restante è sommariamente rigettato, con nessun riguardo al destino misero che li attende. I padroni vogliono solamente gente con abilità utili e un certo numero di operai in condizioni maggiormente vulnerabili, privi di diritti, da esser sfruttati in semi-schiavitù. In Italia, questi lavoratori brutalmente sfruttati (normalmente privi di documenti legali) spesso lavorano in agricoltura, 10 o 12 ore nei campi sotto l’occhio scrutatore di bande di criminali armati, i “caporali”, per la misera somma tra i 10 e al massimo 30 euro al giorno, per tornare alla fine del turno in sovraffollate baracche, prive di elettricità, di riscaldamento, di sanitari e a grandi distanze da fonti di acqua potabile dove potersi dissetare.
Immigrazione militarizzata per “gestione” di profitto.
Rifugiati in cerca di asilo sono stipati al centro di detenzione di Mineo, Sicilia. Quella che una volta era la base militare statunitense, è il centro CARA più grande in Italia, ospita dietro il suo filo spinato più di 1.000 immigrati, controllati a vista da autoblindo.
Il 3 ottobre 2013, un’imbarcazione di rifugiati partita dal porto libico di Misurata è affondata, davanti le coste siciliane appena fuori del porto dell’isola di Lampedusa; le 366 persone che si trovavano a bordo hanno perso la vita. In risposta all’ondata di sdegno il governo italiano ha lanciato l’Operazione Mare Nostrum, raccogliendo la rivendicazione dell’antico Impero Romano che il Mediterraneo è il “nostro mare”. Legge passata come missione “militare umanitaria”, ha soccorso qualche decina di migliaia di migranti in balia del mare, ma quello non era affatto il suo scopo. Operando in congiunzione con Frontex, l’agenzia che “gestisce” l’immigrazione per l’Unione europea, l’obiettivo di Mare Nostrum era inteso quello di trovare le navi cariche di profughi, ma di respingerle verso quell’inferno razzista che è la Libia. Come parte di quest’operazione, nel gennaio del 2014 la fregata Aliseo della marina italiana ha aperto il fuoco contro un’imbarcazione affondandola (dopo aver preso a bordo 176 rifugiati). Ma anche quest’esiguo numero sembra troppo per questi maestri dell’imperialismo europeo, così dopo meno d’un anno, Mare Nostrum era rimpiazzato dall’Operazione Triton, direttamente gestito da Frontex.
In seguito, un anno dopo, nel maggio 2015, l’Unione europea ha lanciato l’Operazione EUNAVFOR MED che è diretta dall’imperialismo italiano, con il quartier generale a Roma cui è stato assegnato il compito di spingere il perimetro militare dei paesi imperialisti più al largo, incluso le acque territoriali dei paesi del nord dell’Africa. Il suo scopo dichiarato è quello di “arrestare il commercio delle reti di trafficanti che fanno contrabbando di esseri umani” e “rafforzare i confini esterni dell’Unione europea”. Contrariamente al costante balbettio di Renzi circa il “salvare vite” questa è una operazione militare offensiva, anche se all’occasione si operano salvataggi a scopo di mantenere pubbliche relazioni. Molti pescatori italiani sono circospetti nel prestare soccorso ai rifugiati a causa della paura di veder sequestrata la loro imbarcazione, perdita di giorni di lavoro e di dover affrontare imputazioni di reato per aver aiutato migranti “illegali” – nonostante tutto in molti, coraggiosamente, lo fanno in ogni caso, e numerosi di loro residenti nell’isola di Lampedusa hanno dato ospitalità in casa loro ai rifugiati.
Con EUNAVFOR MED s’intende porre fine a tutto ciò. Per la borghesia italiana è particolarmente importante, il timore che con la diminuzione del flusso migratorio che transita dai Balcani, in grande misura tagliato dagli accordi presi tra l’UE e la Turchia, molti disperati in cerca di asilo saranno forzati a provare le vie di gran lunga più pericolose come l’itinerario marittimo Libia-Italia. Dunque, EUNAVFOR è sostenuto dal sistema di sorveglianza dei confini dell’UE e appaiato a un sistema di sorveglianza proposto attraverso l’uso di “nuove tecnologie”.
Una volta che i rifugiati arrivano in Italia, un elaborato labirinto burocratico li attende. La borghesia, italiana assieme a quelle europee, ha fatto ricorso alle incarcerazioni di massa e alle deportazioni di rifugiati. In Italia ci sono adesso cinque Centri di Identificazione e Espulsione (i CIE) i cui internati vengono immediatamente deportati e nove “Centri di Assistenza” (CDA) oltre ai “Centri di Assistenza ai Richiedenti Asilo” (CARA). Sebbene vi siano differenze tra loro, in realtà questi in un modo o nell’altro sono tutti centri di detenzione. Ci sono inoltre 1.800 strutture “temporanee” in cui sono rinchiusi i rifugiati. Questi sono usati come campi di concentramento per l’identificazione, inclusa la presa forzata delle impronte digitali, la detenzione e la deportazione. Nel 2011 ci sono state rivolte di immigrati che chiedevano libertà nell’allora lager di Lampedusa, il cui centro è poi stato dato alle fiamme e bruciato sino alle fondamenta e a Pozzallo, dove erano ammassati all’interno di una grossa aviorimessa. I piani del governo italiano sono di espandere la sua capacità dei suoi centri di detenzione per rifugiati che da 100.000 dovrebbe passare a 150.000 alla fine del 2016.
I rifugiati prigionieri sono incarcerati senza sapere perché e spesso senza avere un’idea di quello che succederà loro. Di solito non hanno a disposizione traduttori o legali che potrebbero consigliarli. Molti hanno un “foglio di soggiorno” ma si trovano anche loro intrappolati anche se forse sono semplici turisti. Ad avvocati, giornalisti e associazioni umanitarie è usualmente proibito l’ingresso in queste strutture. Ogni internato che protesta contro queste condizioni è soggetto di rappresaglie comuni a ogni lager, incluso l’abuso fisico. Questi centri sono di solito gestiti da cooperative private che ne ottengono la gestione sulla base di offerte d’asta al “minor” offerente. Lo scandalo col nome di “Roma, Mafia Capitale” è esploso verso la fine del 2014 attorno al CARA di Catania, in Sicilia, diretto da Massimo Carminati, un ex membro dell’organizzazione terrorista-fascista dei NAR. Registrazioni telefoniche inchiodano un suo collaboratore, Salvatore Buzzi, mentre dice: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno!”. Citato dall’articolo “Mafia Capitale”, di Marco Pasciutti, Il Fatto Quotidiano (22 dicembre 2014).
Anche se in teoria i rifugiati hanno il diritto di essere portati nel più vicino “sicuro” porto di approdo e di richiedere l’asilo politico, in pratica questo succede raramente. L’Italia ha firmato accordi con l’Egitto nel 2007, con la Tunisia nel 2011 e anche con la Libia che ammontano nella sostanza a espulsioni sommarie e rimozione forzata dei rifugiati verso il loro paese d’origine, incluso il far cambiare rotta ai vascelli che hanno preso il largo e si trovano in alto mare. L’Italia ha aiutato a finanziare tre campi di concentramento a Misurata e in altre località del deserto libico dove l’abuso fisico è rampante e il cibo e l’acqua sono scarsi. Ora l’UE, con il premier Renzi in testa, sta lavorando per raggiungere un accordo con il Sudan e l’Eritrea per arginare il flusso delle migrazioni provvedendo a fornire aiuto militare e istituendo misure più severe a seguito di accordi sulla deportazione.
Facendo i conti reali: Mentre molte forze politiche dell’UE istericamente gridano “all’invasione” ci sono più di 2 milioni di rifugiati siriani in Turchia, 1 milione nel piccolo Libano e qualcosa come 630.000 in Giordania, in UE meno di 350.000 in totale.
La lotta per Pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati
Rifugiati minacciati di essere deportati protestano sul tetto del CIE, centro di identificazione e espulsione, di Ponte Galeria a Roma, nel luglio del 2009. I trotskisti esigono pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati.
Deve esser detto in poche parole che non c’è soluzione sotto il capitalismo alla crisi dei rifugiati e al flusso delle migrazioni di massa. Il saccheggio imperialista e la devastazione economica dei paesi soggetti alla dominazione neocoloniale, come anche la natura razzista oppressiva delle metropoli imperialiste è endemica al sistema. Questo non cambierà sostanzialmente che sia sotto un governo della destra o della “sinistra”. Perciò, il Nucleo Internazionalista d’Italia e la Lega per la Quarta Internazionale affermano che la sola reale risposta alla crisi dei rifugiati è di lottare per la rivoluzione socialista da entrambe le sponde, settentrionale e meridionale, del Mediterraneo.
Puntando alla conclusione necessaria, propugniamo un programma di transizione per l’azione operaia che includa l’appello per il diritto d’asilo per i rifugiati siriani e tutti quelli che fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni e per pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati. Inoltre, chiamiamo per la chiusura dei centri di detenzione! Far cadere le leggi razziste di deportazione! Per azioni operaie per fermare le deportazioni! Esattamente come quando i piloti di Air France si sono rifiutati di pilotare aerei che deportavano immigrati verso il Mali. Inoltre, il NId’I e la LQI chiamano per gruppi di autodifesa operai integrati per fermare il terrore anti-immigrati. Per difendere il crescente numero di operai immigrati, i sindacati devono lanciare una campagna per organizzare i non organizzati con salari a paga piena sindacale per tutti. Lottando dalla parte e in nome dei lavoratori immigrati e dei giovani soggetti a lavori precari, noi esigiamo che a uguale lavoro uguale salario e un contratto stabile per tutti.
I trotzkisti chiamano per “Casa, lavoro e sindacato sono un diritto dell’immigrato, e di tutti!” E’ necessario scandire questa richiesta in faccia alla disoccupazione di massa, gli operai con coscienza di classe devono lottare per una drastica riduzione delle ore di lavoro settimanali a paga piena, per provvedere lavoro per tutti. Come anche il diritto abitativo di un alloggio è una necessità di base e un diritto che è negato a molti. I sopravvissuti al terremoto che ha scosso l’Aquila (Abruzzo) a sette anni di distanza vivono ancora in case provvisorie, mentre la città è ancora in macerie. Molti altri, semplicemente si sono trasferiti altrove. Nei centri urbani, sono in tanti che dovendo affrontare la mancanza di abitazioni alla loro portata, molti con l’aiuto di gruppi attivisti hanno occupato edifici abbandonati o stabilimenti in disuso e sfidano gli sfratti. Il movimento operaio deve lottare per l’assegnazione di case popolari per tutti quelli che ne hanno bisogno, immigrati inclusi.
Unire i lavoratori immigrati e italiani nella lotta di classe rinvigorirà il movimento operaio e potrà farlo uscire dalla depressione riformista. Gli operai nelle fabbriche del nord che sono migrati dal sud dell’Italia negli anni ’60 del secolo scorso erano molto combattivi, hanno portato avanti battaglie che hanno portato l’Italia all’avanguardia delle lotte del proletariato europeo, come l’autunno caldo del 1969. La crescita del sindacato SI COBAS, e il loro recente lavoro tra i lavoratori agricoli brutalmente sfruttati in Puglia e Campania e le lotte coraggiose portate avanti in maggior parte tra i lavoratori immigrati delle piccole imprese mostrano oggi la stessa coraggiosa volontà di lottare e il loro crescente potere sociale in settori chiave dell’industria. Per raggiungere il potenziale per una lotta di classe integrata su scala di massa, il movimento operaio deve lottare direttamente contro l’oppressione speciale a cui gli immigrati sono sottoposti. Questo include scioperi e occupazioni per fermare i raid punitivi di padroni intenzionati a licenziare o quelli dello stato sferrati contro i nostri fratelli e sorelle di classe, senza far differenza a dove sono nati o di quale pezzo di carta sono in possesso o meno.
Scioperi di solidarietà attraverso le frontiere sono urgentemente necessari. Le acute lotte avvenute in Francia che vedono il coinvolgimento di sezioni strategiche del proletariato in protesta contro la legge sul lavoro di El Khomiri che minaccia di distruggere le conquiste di anni di lotte sindacali sono un grido di appello per azioni di solidarietà attraverso tutta Europa. Gli operai in Italia hanno risposto. Gli scioperi e le manifestazioni che hanno visto la partecipazione di gran parte di lavoratori immigrati, a Milano il 6 giugno scorso, in solidarietà con le lotte degli operai francesi lo stesso giorno, hanno dimostrato una consapevolezza dell’importanza di un internazionalismo proletario di questo tipo. Alcuni giorni dopo, centinaia di operai appartenenti al sindacato SI COBAS e altri sostenitori hanno formato picchetti bloccando il traffico al centro nevralgico della logistica dell’Interporto di Bologna a sostegno delle lotte dei lavoratori francesi, in sciopero quello stesso giorno. Per azioni di sciopero uniti contro i governi capitalisti per respingere la legge El Khomiri in Francia e il Jobs Act in Italia!
La lotta per pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati è inseparabile dalla lotta per costruire gli Stati Uniti Socialisti d’Europa. Di fatto, questo semplice diritto democratico è stato messo in atto solamente attraverso delle rivoluzioni – dalla Rivoluzione Francese del 1789-99, dalla Comune di Parigi del 1871 e poi dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 (vedi box). Tuttavia, lotte di questo tipo che puntano direttamente alla rivoluzione socialista vanno contro i programmi di collaborazione di classe di vari gruppi che erroneamente si proclamano trotskisti. La massima rivendicazione sull’immigrazione del Partito Comunista dei Lavoratori, PCL, di Marco Ferrando e Franco Grisolia, ad esempio è “Uguali diritti per uguale lavoro tra lavoratori europei e immigrati.” Evitare di chiamarsi per pieni diritti di cittadinanza suggerisce la pretesa di qualcosa d’inferiore, tipo un permesso di soggiorno rilasciato dalla questura per limitati periodi. Questo però lascerebbe i lavoratori immigrati in uno status politico di seconda classe in particolare di fronte alla xenofobia montata dalle forze di estrema destra tipo la Lega Nord. Infatti, nel documento congresuale della oposizione sindacale animata per il PCL, “Il sindacato è un’altra cosa”, presentato al congresso nazionale della CGIL del 26/12/2013, si dichiara apertamente:
“Per questo chiediamo: (…) l'introduzione del permesso di soggiorno senza il vincolo dei flussi o del lavoro immediato, la semplificazione delle pratiche burocratiche;
– una riforma complessiva delle leggi sulla cittadinanza, con l'abbassamento degli anni necessari al suo ottenimento e l'introduzione di regole e tempi certi e trasparenti nelle pratiche;
– l'introduzione dello ius soli (diritto di cittadinanza per i figli degli stranieri nati in Italia) e il riconoscimento della cittadinanza ai minori nati all'estero che studino in Italia;
– il diritto di voto per tutti i residenti di lungo periodo...”
Il resto del programma avocato pubblicamente dal PCL (“Per una soluzione anticapitalista del dramma migratorio”, Unità di Classe, maggio 2015) lo dice chiaramente che quello che si sta chiedendo è un programma di misure di un governo di “sinistra” in seno allo stato capitalista. Dunque, chiama per un “Piano del lavoro, in ogni paese e su scala europea, per opere sociali, finanziato dalle grandi ricchezze. A vantaggio dei lavoratori europei e migranti” e per la “Requisizione, in ogni paese, dei grandi patrimoni immobiliari, per dare reale diritto di abitazione a lavoratori europei e migranti.” Chi agirà e pagherà per il programma di lavori pubblici e di requisizioni delle abitazioni? Non può che essere lo stato. Quale stato? Nel chiamare per un “governo dei lavoratori” il PCL non sta chiaramente chiamando per un “governo operaio” basato sui consigli (soviet) che è la dittatura del proletariato, ma piuttosto per un governo di collaborazione di classe che rappresenti sia i professionisti piccolo-borghesi sia i piccoli proprietari e dunque di poter amministrare uno stato capitalista piuttosto che rovesciarlo.
Perciò, dietro le differenze tra i due appelli, quello per “uguali diritti per uguale lavoro” e quello per “pieni diritti di cittadinanza” giace una fondamentale differenza che riguarda la natura di classe del programma degli pseudo-trotskisti e quelli autentici – e anche una differenza qualitativa nelle conseguenze per i lavoratori immigrati. Comunque, alcuni locali del PCL hanno sollevato la rivendicazione di “pieni diritti di cittadinanza” per gli immigrati, come ha fatto recentemente ad esempio il locale di Napoli, il 1mo marzo scorso, unitamente ad altre richieste di chiusura dei CIE e di “chiudere i covi neo-fascisti”. Ma ancora, ci chiediamo, chi dovrebbe portare a compimento queste rivendicazioni? Chiamare uno stato capitalista a reprimere i fascisti rafforzerà solamente la reazione bonapartista. L’articolo del PCL di Napoli giustamente nota che quelle limitate richieste fatte a nome degli immigrati da varie associazioni civiche e dalle federazioni sindacali principali “inevitabilmente portano queste lotte sui binari morti dell’istituzionalismo (magari ‘arancione’)”. Ciononostante nel 2011 il PCL ha votato al secondo (decisivo) turno delle elezioni a sindaco in favore del vittorioso candidato borghese De Magistris che poi ha fondato il Movimento Arancio.
I trotskisti autentici cercano, invece, di mobilitare il potere di una classe operaia unita tirando una linea di classe che li separi da tutte le ali della borghesia. Il PCL ha detto che avrebbe votato per l’ex magistrato De Magistris, come per Giuliano Pisapia, allora candidato a sindaco di Milano per il fronte popolare borghese, “l'unico modo, sul terreno elettorale, per concorrere alla sconfitta politica di Berlusconi, del suo governo, e dei suoi candidati reazionari, come chiede la totalità del popolo della sinistra” tratto da “Votare Pisapia e De Magistris, ma senza alcuna illusione”, 26 maggio 2011. Questo “combattere la destra” è il ritornello della politica di fronte popolare che incatena la sinistra e il movimento operaio a settori della borghesia. Era la politica degli stalinisti del Partito comunista italiano (PCI) che portò alla sconfitta della potenziale rivoluzione durante il 1943-48. Poiché il PCI si è evoluto andando sempre più a destra, frantumandosi definitivamente, per poi vedere i suoi resti costituire la formazione borghese del Partito Democratico (PD) insieme ad elementi di quello che una volta era la Democrazia Cristiana (DC), la bandiera del frontismo popolare è stata raccolta da Rifondazione Comunista (RC).
La seconda (per grandezza) organizzazione che si richiama al trotskismo in Italia, il Partito dell’Alternativa Comunista (PdAC) di Francesco Ricci, parte della Lega Internazionale dei Lavoratori (LIT-CI Liga Internacional del los Trabajaadores, Cuarta Internacional, la corrente pseudo-trotskista fondata in Argentina da Nahuel Moreno) solleva la rivendicazione di pieni diritti di cittadinanza per tutti gli immigrati, ma come abbiamo notato “solleva questa rivendicazione in una lista di riforme, ma non le lega direttamente all’azione rivoluzionaria della classe operaia.”1 Quando il PdAC parla di “una prospettiva che superi l'attuale sistema capitalistico per portare ad una economia pianificata”2 non sta chiamando per la rivoluzione socialista ma piuttosto, come dicono gli atti del suo IV Congresso, per “lottare per un sistema socialista” che loro identificano con la: “Nazionalizzazione senza indennizzo di tutti i settori strategici dell’industria”, la “gestione operaia delle fabbriche che chiudono, licenziano o inquinano l’ambiente”, la “Nazionalizzazione delle banche e creazione di un’unica banca nazionale posta sotto il controllo dei lavoratori…” eccetera ecc.3 Questo potrebbe essere il programma di un governo di “sinistra” dello stato capitalista. Anche non così tanto di sinistra dopotutto: ricordiamo che dalla fine della II Guerra Mondiale fino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso ben più della metà dell’economia italiana era nelle mani di imprese capitaliste di proprietà statale – spesso presiedute da politici della Democrazia Cristiana.4
In particolare il PdAC non propugna la sostituzione del parlamento con i consigli operai, organismi su cui si basa la dittatura del proletariato come quelli che sorsero con la repubblica sovietica diretta da Lenin e Trotsky nata dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia. Questo non è per caso, poiché i suoi documenti congressuali si basano sulle tesi della LIT-CI espresse su “Revoluciones del siglo XX” (Rivoluzioni del ventesimo secolo), scritto da Nahuel Moreno nel 1984, che non chiama per nuove rivoluzioni d’ottobre ma per le “rivoluzioni di febbraio”, riferendosi al rovesciamento dello zar nel febbraio 1917, e di conseguenza per “rivoluzioni democratiche” piuttosto che rivoluzioni socialiste. Dunque, l’appello del PdAC per i diritti di cittadinanza per gli immigrati è parte del programma puramente borghese contrapposto alla rivoluzione socialista, che è la sola che possa realizzare questa rivendicazione democratica.
Sia il PCL sia il PdAC hanno fatto parte della corrente di Proposta in seno a Rifondazione Comunista già da prima che appoggiasse il governo di fronte popolare dell’Ulivo (1996-98) sotto la direzione del cristiano-democratico Romano Prodi, l’ex presidente dell’IRI che ha presieduto alle più vaste privatizzazioni dei beni dell’IRI stessa. Entrambi sono rimasti in RC fino al 2006, quando sono usciti da questa formazione per poi scindersi l’uno dall’altro su basi politiche non chiare. Proposta, che ha salutato la vittoria elettorale del primo governo Prodi, il 13 giugno 1996 dichiarava: “Certo la destra è stata battuta ed è un bene” e “è giusto evitare astratte equidistanze tra centrodestra e centrosinistra e contribuire da comunisti a battere la destra”.
Il primo governo Prodi, appoggiato da RC e dunque da Proposta, ha significato lacrime e sangue per la classe operaia e per gli oppressi. Questo governo ha messo in atto la legge razzista Napolitano che ha messo in piedi i campi di concentramento per gli immigrati e messo in atto le deportazioni su larga scala. Ha apportato tagli profondi ai servizi sociali e ha emanato la legge Treu che ha stabilito salari inferiori per gli operai al sud dell’Italia, la legalizzazione del lavoro interinale che ammette l’affitto di lavoratori sotto contratto di durata temporanea. Il governo Prodi ha rafforzato la presenza dell’imperialismo italiano in Albania e presieduto alla tortura e allo stupro dei somali da parte dei militari italiani. La direzione storica del PCL (Ferrando e Grisolia) e PdAC (Ricci) non hanno mai preso le distanze da questi loro tradimenti di classe commessi mentre si trovavano in Proposta, invece li difendono, questo perché hanno la stessa politica di “appoggio critico” di frontismo popolare oggi. Come entità parte di RC quando questa ha mantenuto il governo dell’Ulivo al potere, entrambi hanno cercato di trattenere la sezione più combattiva della classe operaia politicamente incatenata alla borghesia ed è questo il maggiore ostacolo alla lotta rivoluzionaria odierna.
Quei militanti del PCL o del PdAC, che aspirano alla rivoluzione e che vogliono battersi per una politica d’indipendenza di classe contrapponendosi alla collaborazione di classe, devono essere coscienti che i loro dirigenti sono maestri di lunga data del linguaggio ambiguo che raccoglie il vocabolario comune degli pseudo-trotskisti che pretendono di opporsi alle politiche di fronte popolare mentre ad ogni congiuntura gli assicurano il loro “sostegno critico”. Mentre compongono un frasario che suona veramente trotskista alle loro spalle, mantengono una storia lunga decenni di appoggio ai candidati e ai partiti borghesi e riformisti (o partiti operai-borghesi, come li chiamava Lenin) che hanno preso parte a governi capitalisti. Tutti i governi borghesi sono razzisti, anti-donne e in Italia anche anti-meridionali. Oggi il PCL proclama “Fare come in Francia!” (volantino del 29 maggio 2016) mentre il PdAC chiama per un “Fronte di lotta” come quello in Francia, dove gli operai stanno scioperando contro la versione francese del “Jobs Act” presentata dal presidente socialista François Hollande. Eppure, nel 2012, il PCL chiamò per votare per Hollande, inoltre 15 anni prima, Ferrando, Grisolia e Ricci, tutti senza distinzione hanno appoggiato alle elezioni il candidato socialista Lionel Jospin contro la destra rappresentata da Alain Juppé, dichiarando:
“La sconfitta del governo Juppe è certo in se un evento positivo anche considerando il già indicato carattere del suo progetto un ‘successo’ per il movimento operaio.”
–Proposta, luglio-agosto 1997
Se il PCL non ha appoggiato candidati borghesi o formazioni di fronte popolare alle elezioni del 2016, come invece ha fatto nel 2011, non è dovuto al suo carattere di classe ma al fatto che “il PD di Renzi e il suo governo, [è] il più reazionario del dopoguerra”5 e che il movimento Cinque Stelle fondato da Beppe Grillo è “un movimento reazionario di massa”6; ma anche se avessero professato la pretesa di politiche più “progressiste”, questi resterebbero sempre borghesi. Per difendere gli immigrati e far crollare la capitalista Fortezza Europa razzista è necessario forgiare genuini partiti comunisti bolscevichi che rompano in modo netto con le politiche di collaborazione di classe su di una base di principio, lottando per l’opposizione proletaria a tutti individui, partiti o formazioni politiche borghesi come i fronti popolari. Questo è il programma del Nucleo Internazionalista d’Italia e della Lega per la Quarta Internazionale (LFI).
La LCI: Guardie di frontiera (anche interne) dell’UE?
Manifestazione in favore del diritto d’asilo e per la libertà di movimento per tutti, Torino, 21 gennaio 2012.
Avendo a che fare con una vasta crisi dei rifugiati in tutta Europa, la principale risposta della Lega Comunista Internazionale (LCI), l’organizzazione ex-trotskista dalla quale i nostri quadri fondatori furono espulsi, è stata quella di intraprendere il sentiero di guerra contro il “liberalismo umanitario”, contro gli appelli alla “libertà di transito” per immigrati e rifugiati entro i confini dell’Europa e contro gli appelli illusori per l’“apertura delle frontiere” sotto il capitalismo. L’ultimo numero di Spartaco, dell’aprile 2016, pubblicato dalla Lega Trotskista d’Italia, sezione italiana della LCI, spende quasi un terzo del suo articolo principale, più di 1000 parole, in polemica contro gli “Apostoli dell’imperialismo ‘umanitario’”. D’altra parte, il solo riferimento ai razzisti anti-immigrati della Lega Nord e ai fascisti come il Fronte Nazionale in Francia è fatto tramite l’accusa alla burocrazia sindacale di fare il loro gioco promuovendo l’idea di una “Europa sociale”!7 In particolare, nell’articolo intitolato “La fortezza Europa razzista e la crisi dei profughi”, Spartaco non si dichiara a favore dell’asilo per i rifugiati siriani, o, in effetti, per nessun genere di rifugiati. L’assenza non è accidentale.
Invece, la LTd’I prende di mira i “I gruppi della sinistra riformista [che] hanno promosso illusioni nella possibilità che gli imperialisti, responsabili diretti della ‘catastrofe umanitaria’, possano ‘fare qualcosa’ per aiutare i profughi e gli immigrati.” In alcuni casi, questa è una critica corretta, però non certo la principale minaccia. Il gruppo ControCorrente, parte del raggruppamento internazionale del CWI, Comitato per un’Internazionale dei Lavoratori di Peter Taaffe, ha descritto Mare Nostrum come “una missione militare ed umanitaria il cui principale obiettivo era il soccorso e il salvataggio in mare dei migranti” e hanno chiamato per “un piano internazionale di soccorso in mare” e “se necessario nelle acque nazionali libiche.”8 Come abbiamo notato più sopra, lo scopo effettivo di Mare Nostrum era l’interdizione, cioè forzare i barconi dei rifugiati a rientrare in Libia, inoltre l’intrusione delle forze navali della NATO nelle acque territoriali libiche consiste in un’aggressione imperialista.
Spartaco si lancia all’inseguimento del PCL, particolarmente per il suo appello alla “istituzione di ‘un piano di accoglienza dignitosa dei migranti, a partire dai profughi, su scala europea. Per una libera circolazione dei migranti in Europa. Cancellazione delle leggi anti migranti, in ogni paese e su scala europea’ (Unità di classe n.4, 20 maggio 2015).” La LTd’I commenta: “Questo tipo di richieste alimentano l’illusione che l’Unione Europea imperialista possa essere costretta ad agire in base ai principi umanitari, della ‘libera circolazione’ e della ‘dignità’.” L’idea che l’Europa imperialista concederà un “degno benvenuto” ai rifugiati è certamente un’illusione riformista; ma sostenere che gli appelli per la libertà di circolazione degli immigrati in seno all’Europa e per l’abolizione delle leggi anti-immigrati rappresenti un abbellimento dell’imperialismo è tutt’altra questione. Prima di dire addio al trotskismo rivoluzionario e aver tratto disfattismo dalle lezioni inferte dalla storica sconfitta della distruzione controrivoluzionaria dell’Unione Sovietica, la LCI si è sempre opposta a tutte le leggi razziste e anti-immigrati, al tempo stesso spiegando che non esiste una politica sull’immigrazione equa sotto il capitalismo.
Anche nel maggio 2015, Spartaco scriveva: “Il movimento operaio deve opporsi alle leggi razziste sull’immigrazione”9. Mentre la LCI attuale afferma che fare appello all’abrogazione di questo tipo di leggi crea illusioni nello “imperialismo umanitario”. Così il movimento operaio non dovrebbe fare niente riguardo queste leggi? Che ragionamento sofistico! Interessante notare che la LTd’I non attacca il PCL per non aver adottato lo slogan di pieni diritti di cittadinanza per gli immigrati. Invece attacca il PCL con un’argomentazione di destra, particolarmente riguardo la libertà di movimento degli immigrati e dei rifugiati dentro l’Europa. Secondo Spartaco:
“Sotto forma dello slogan della ‘apertura delle frontiere’, la richiesta del Pcl di ‘Libera circolazione dei migranti in Europa’ è comune a tutta la sinistra riformista e alle forze capitaliste più o meno liberali. Ma tutte le varianti dello slogan sulla ‘apertura delle frontiere’ si risolvono nella richiesta dell’abolizione degli Stati nazionali sotto il capitalismo: una cosa impossibile. I sostenitori delle ‘frontiere aperte’ vedono a torto l’Unione Europea come una sorta di superstato al di sopra degli Stati-nazione, con il potere di cancellare le frontiere interne.”10
L’UE è lontana dall’essere un “super stato”, come dimostrato dall’intenso alterco causato dalle politiche sull’immigrazione. Il PCL in realtà non sta sollevando l’appello per la “apertura delle frontiere”. Invece la realtà è che mentre ai cittadini dell’UE è concesso il diritto di viaggiare e lavorare in tutta Europa, mentre gli immigrati, anche quelli in possesso dei documenti e dei requisiti in regola, rischiano di essere prelevati e deportati se colti a viaggiare verso un altro paese dell’UE.
Lasciateci dunque sbrogliare la “logica” di quello che la LCI sta dicendo qui. La LCI si dichiara in favore del diritto di cittadinanza per tutti gli immigrati; ma se si oppone a sollevare il diritto di libera circolazione in seno all’Europa, significa forse che sta proponendo una sorta di status di seconda classe in cui i cittadini che non hanno origini europee non dovrebbero avere questo diritto? Oppure in alternativa, sta dicendo che possono avere questo diritto una volta che sono divenuti cittadini, ma non prima? In entrambi i casi, stiamo trattando con una posizione reazionaria e anti-immigrati. Oppure si tratta solo del fatto che la LCI – poiché pretende che chiamare per la “libertà di movimento” eguagli la richiesta di “apertura delle frontiere” e di conseguenza essere per l’abolizione dello stato-nazione – in realtà sta dicendo che nemmeno gli attuali cittadini dovrebbero potersi spostare liberamente all’interno dell’Europa perché ciò potrebbe creare l’illusioni nell’UE e nel Trattato di Schengen!
In modo ridicolo, Spartaco prova a far passare la rivendicazione della libertà di movimento per gli immigrati come una richiesta sciovinista che viene ripresa da forze anti-immigrati. Cita il noto sindaco razzista di Verona, Flavio Tosi, che richiede al governo italiano di concedere un “Permesso umanitario ai profughi per libera circolazione in Europa".11 La LTd’I cita anche la richiesta del governo italiano a revocare l’ordinamento Dublino III dell’UE, che vuole che i rifugiati richiedano il loro status nel paese d’ingresso in Europa. Quest’ordinamento razzista vuol prevenire che i rifugiati possano lasciare la Grecia o l’Italia per recarsi nel Europa settentrionale, dove magari potrebbero trovare lavoro/oppure raggiungere altri membri delle loro famiglie. Per i rifugiati che riescono a farcela a raggiungere l’Europa settentrionale, l’ordinamento prevede che possano essere deportati direttamente al loro paese d’origine nell’Europa meridionale, dove saranno incarcerati e probabilmente deportati verso il loro paese d’origine. In realtà, i reazionari picchiatori d’immigrati si oppongono alla loro libertà di movimento. Matteo Salvini, capo della Lega Nord fa appello a “controlli interni per cittadini comunitari, ai confini con la Francia, l’Austria” (La Repubblica, 11 giugno 2016).
Oggi la LCI, con la Ltd’I al rimorchio, ha adottato una linea sulla crisi dei rifugiati piazzandosi a volte anche alla destra della borghesia e di molte organizzazioni borghesi. Nell’agitare lo spettro rispetto all’Italia, di come “l’immigrazione di massa illimitata possa minacciare il diritto all’autodeterminazione nazionale”12, Spartaco si carica del fastidio dei nazional-sciovinisti. Questo pericolo può essere reale per paesi veramente piccoli e deboli come la Palestina, che subisce le ondate d’immigrazione sionista, oppure delle isole nazioni Caraibiche che potrebbero essere sommerse da ricchi americani che si comprano le proprietà; ma immaginata come minaccia per l’Italia imperialista è assurda. I comunisti internazionalisti non fanno appelli illusori all’apertura delle frontiere, giacché l’eliminazione dei confini nazionali sotto il capitalismo sarebbe utopica e persino a uno stato operaio sarebbe necessario avere la polizia di frontiera. Focalizzarsi sulla fantasia della “apertura delle frontiere” allo scopo di opporsi agli appelli per la libertà di circolazione per gli immigrati dentro i confini dell’Europa non serve alla LTd’I/LCI a contrastare i riformisti che cercano di amministrare lo stato capitalista. Lungi dal caricarsi di questo compito, di fatto si assumono il ruolo di guardiani dei confini dell’UE e dentro l’UE.
I trotskisti rivendicano che immigrati e rifugiati, qualsiasi sia il loro status, devono avere pieni diritti di cittadinanza e con essi la stessa libertà di viaggiare all’interno dell’Unione Europea come qualsiasi altro. Abbasso la Convenzione Dublino III razzista e con essa tutte le sue norme da binario ad alta velocità di deportazione! Gli operai con coscienza di classe devono mobilitare il loro potere per difendere gli immigrati contro gli attacchi fascisti e razzisti e bloccare le deportazioni attraverso azioni sindacali comuni. Tutte queste rivendicazioni sono dirette contro lo stato borghese che non può fare a meno di riservare un trattamento razzista agli operai immigrati. Queste devono essere parte di un programma di rivendicazioni transitorie per azioni operaie orientate a porre fine allo sfruttamento capitalista con la rivoluzione socialista. Soprattutto, per liberare immigrati e rifugiati dalle condizioni da incubo che stanno sopportando per sopravvivere e sperare di raggiungere un livello di vita decente, è necessario andare alle cause alla base di tali movimenti di masse migratorie che sono da trovare nello sfruttamento brutale e nelle guerre disseminate dal capitalismo in piena decadenza.
I sostenitori della LCI dovrebbero prendere in considerazione quest’aspetto, che riguarda l’opposizione di quest’organizzazione a sollevare la rivendicazione del libero transito dentro l’UE degli immigrati basata sull’argomentazione che non è realizzabile sotto il capitalismo: la stessa obiezione allora potrebbe essere sollevata riguardo alla rivendicazione dei pieni diritti di cittadinanza, che storicamente è stata realizzata solo dalle rivoluzioni. Metodologicamente, quest’obiezione consiste nel rigettare tutto il Programma di Transizione di Trotsky, cioè il rigetto di rivendicazioni che non possono essere pienamente realizzate se non attraverso la rivoluzione socialista. La LCI ha già dichiarato obsolete le tesi centrali del programma di fondazione della Quarta Internazionale – che la crisi storica dell’umanità si riduce alla crisi della direzione rivoluzionaria del proletariato – sulla base dell’assunto che “anticipa [precede, nella versione inglese originale] l'attuale profonda regressione della coscienza proletaria”, come asserito nella “Dichiarazione di principi e alcuni elementi di programma” della LCI del febbraio 1998. Non sorprende, dunque, che la LCI rigetti rivendicazioni transitorie che riguardano gli immigrati… e complessivamente: testimonia il rifiuto del nostro appello per il controllo operaio in Grecia. Tutto quadra.
Il risultato è la giustificazione “rivoluzionaria” per quello che nella pratica è un programma tagliato e cucito sulla base di quello che è possibile o non è possibile sotto il capitalismo. In Francia, già dal 1880, questo metodo veniva descritto come “possibilismo”. Oggi…
Per rivoluzioni operaie su entrambe le sponde del Mediterraneo!
Manifestazione di immigrati organizzata con il sostegno del sindacato intercategoriale SI COBAS, in protesta a Taranto, il 6 agosto 2015. Lo striscione a destra dice “Basta migranti morti a causa delle politiche di guerra e miseria!”
Migrazioni di massa – come l’ondata di centinaia di migliaia di rifugiati che hanno intrapreso una pericolosa traversata dalla Turchia alla Grecia e hanno proseguito camminando a piedi per settimane attraverso i Balcani, o le decine di migliaia che hanno rischiato le loro vite attraversando il Mar Mediterraneo su pericolanti imbarcazioni, sono il risultato di condizioni disperate: guerra, fame, persecuzioni religiose e etniche. I rivoluzionari di fronte alla crisi europea sulla questione dei rifugiati non solo devono provvedere la solidarietà alle vittime, ma anche affrontare le cause originarie delle loro traversie. In questi casi, i fattori immediati sono le continue guerre intercomunitarie settarie da parte di tutte le fazioni etniche coinvolte negli scontri e intensificate dai bombardamenti imperialisti che hanno polverizzato la Siria, e hanno distrutto la Libia nel 2011 con l’intervento aereo della NATO e delle bande islamiche armate dall’occidente. In entrambi i casi, non solo gli Stati Uniti e gli imperialisti europei sono stati i maggiori istigatori e predatori, sono anche stati aiutati da alcuni dei riformisti di sinistra che oggi pretendono di difendere gli immigrati.
In Libia nel 2011, il PdAC e la Lega Internazionale dei Lavoratori (LIT, diretta dal PSTU brasiliano), raggruppamento a cui appartiene, hanno fatto appello ai poteri della NATO per fornire armamenti pesanti e tecnologia alle brigate dei “ribelli” sanguinari e fatto appello a “tutti i governi” – anche a quello dell’Italia imperialista di Berlusconi – a “rompere con il regime libico” dell’inaffidabile uomo forte Muammar Gheddafi. Un articolo di Progetto Comunista (11 settembre 2011) proclamava: “Viva la rivoluzione libica che ha distrutto il regime di Gheddafi”. Questa “vittoria”, che ha coinvolto una diffusa persecuzione razzista dei lavoratori neri africani in Libia, ha accresciuto grandemente il numero dei rifugiati che hanno rischiato la vita attraversando il Mediterraneo per raggiungere l’Italia. Contro i mercenari islamisti reazionari e contro il tradimento della sinistra filo-imperialista come il PdAC, la Lega per la Quarta Internazionale ha preso una posizione internazionalista proletaria in difesa militare della Libia dall’attacco imperialista senza dare alcun appoggio politico a Gheddafi.
Se il PdAC è stato senza vergogna filo-imperialista in Libia, il PCL era più imbarazzato. Inizialmente ha salutato la rivolta contro il regime, anche se il dirigente del PCL Ferrando più tardi ha ammesso che “La direzione della rivoluzione libica si è concentrata da subito nelle mani di un entourage controrivoluzionario”13. Quando la NATO iniziò il bombardamento, il PCL se ne uscì con linguaggio ambiguo rivendicando di essere “contro l'imperialismo e al tempo stesso dalla parte degli insorti che plaudono all'intervento imperialista”14. Quello che il PCL non ha fatto è stato quello di difendere la Libia, mentre questa veniva polverizzata da aerei che prendevano il volo dalle basi aeree militari italiane. La LQI, nel difendere il programma dell’autentico trotskismo, si è opposta al tergiversare ondivago in appoggio dei “ribelli” filo-imperialisti (vedete gli articoli “Imperialist Marauders in the Quicksands of North Africa!” e “Defend Libya Against Imperialist Attack! Defeat U.S./U.N./NATO Assault!”, apparsi in The Internationalist n. 33, estate 2011).
Sulla Siria, il PdAC e la LIL/LIT sono ancora una volta apertamente filo-imperialiste, ripetendo ogni bugia proveniente dalla CIA e dal Pentagono, appoggiando il fantoccio dello FSA, “Esercito siriano libero”, contro il regime autoritario di Bashar Assad e al tempo stesso chiedendo alla NATO di inviare le armi pesanti all’FSA e anche i missili terra-aria (vedi l’articolo “Brazil: Leftists in the Camp of Pro-Imperialist Syrian Islamists”, apparso in The Internationalist n. 36, gennaio-febbraio 2014). Da parte loro, il PCL e i suoi partner del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale, CRQI, diretta dal Partito Operaio argentino di Jorge Altamira, seguendo lo stesso libretto degli schemi di gioco consultato per la Libia, ha iniziato a salutare la “rivoluzione siriana”15 e ha continuato a difendere i ribelli filo-imperialisti fino alla metà del 2013. Giunti a settembre di quell’anno però, poiché gli Stati Uniti minacciavano di bombardare la Siria (usando il falso pretesto dell’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad), la CRQI ha cambiato marcia e ha chiamato per “No alla guerra contro la Siria!”16
A fronte dello squallido e settario bagno di sangue perpetrato lungo linee etniche e religiose che divora la Siria e l’Iraq, l’obiettivo primario dei rivoluzionari deve essere quello di cacciare dalla regione gli imperialisti, che sono gli assassini di massa più grandi di tutti. Come abbiamo messo in evidenza, noi della LQI, ci sono attualmente diverse guerre in Siria che si intrecciano simultaneamente e che si sovrappongono: il bombardamento USA/NATO, per cui noi chiamiamo a cacciare gli imperialisti; una guerra civile settaria e intercomunitaria tra milizie islamiste filo-imperialiste, gli islamisti di Al Quaeda, il governo siriano e infine lo Stato islamico (IS), conflitti in cui noi ci opponiamo a tutti i contendenti; il diritto all’autodifesa di tutte le comunità etnico/religiose minacciate di essere massacrate; infine la lotta del popolo curdo per l’autodeterminazione. La LQI senza ambiguità alcuna ha affermato che ogni colpo inferto agli invasori imperialisti, anche se provenienti da forze ultrareazionarie come l’IS, vanno a segno nell’interesse del proletariato mondiale. Recentemente, mentre gli USA e i suoi semi-alleati curdi hanno lanciato la loro campagna militare verso la “capitale” dell’IS, Raqqa, abbiamo lanciato l’appello a difendere la popolazione che subisce l’attacco imperialista.
Le guerre che imperversano portando rovina nel Medioriente e
nel Nordafrica, unitamente alla guerra scatenata contro la
popolazione lavoratrice dai banchieri delle banche centrali
europee sono l’espressione del Nuovo Disordine
Mondiale risultante dalla distruzione tra il 1989-92
dell’Unione Sovietica e degli stati operai burocraticamente
deformati dell’Europa dell’Est. Nella decade che precedette e
condusse a quell’importantissima sconfitta per gli operai del
mondo intero, quasi tutte le tendenze pseudo-trotskiste si
sono schierate con l’imperialismo, opponendosi all’intervento
sovietico in Afganistan e appoggiando l’antisovietica polacca
Solidarność. A contrasto, il trotskismo genuino salutò la
“Vittoria all’armata rossa in Afganistan!” e ammonì “Fermare
la controrivoluzione di Solidarnosc!” Quando la
controrivoluzione giunse al suo compimento, la LIT morenista
celebrarono il rovesciamento dell’URSS nel 1991-92,
salutandolo come una “grande vittoria rivoluzionaria”, mentre
Altamira che non ha sollevato un dito per difendere la terra
della Rivoluzione d’Ottobre falsamente sostiene che gli
stalinisti superstiti stavano dirigendo la restaurazione del
capitalismo. Ancora una volta sono stati i trotskisti
autentici – all’epoca, la Lega Comunista Internazionale – a
battersi denti e unghie contro la riunificazione capitalistica
della Germania e di conseguenza contro la controrivoluzione in
URSS coniando l’appello:
“Operai sovietici: sconfiggere la controrivoluzione di
Eltsin-Bush!”
Il trionfalismo borghese che ha accompagnato la controrivoluzione nel blocco sovietico si è espressa attraverso i conflitti imperialisti in Iraq, Iugoslavia, Afganistan e in ogni altro posto dove ha generato un esodo di massa dei rifugiati. Oggi sia i seguaci di Moreno del PdAC, sia quelli di Altamira del PCL, etichettano la Cina come stato capitalista, rifiutando di difenderla dall’imperialismo e dalla controrivoluzione interna. Così facendo disarmano gli operai cinesi nelle future battaglie decisive. La LIT, virulentemente stalinofobica va anche oltre, dichiarando Cuba, la Corea del Nord e il Vietnam capitalisti. Questo ha raggiunto il punto che a metà degli anni ’90 del secolo scorso, la sezione messicana dei morenisti pubblicò un articolo che salutava i gusano (verme), dissidenti cubani controrivoluzionari residenti a Miami (vedi El Socialista, Ottobre 1994), eufemisticamente dicendo che “il proletariato cubano negli Stati Uniti stanno propellendo la rivoluzione antiburocratica”! In contrapposizione alla propaganda filo-imperialista degli pseudo-trotskisti, la LQI fa appello alla rivoluzione politica proletaria che cacci la burocrazia svenditrice degli stati operai deformati per difendere ciò che rimane delle conquiste rivoluzionarie contro l’incombente minaccia della controrivoluzione.
La LCI, che una volta era trotskista, nel frattempo ha girato le spalle al suo intervento rivoluzionario in Germania dell’Est e nell’URSS, adottando la logica di chi si è rifiutato di difenderli (cioè che sarebbero stati presumibilmente gli stalinisti, piuttosto che gli imperialisti, a dirigere la controrivoluzione). Dando la colpa a una sedicente “profonda regressione della coscienza proletaria”17 per giustificare la sua dipartita dalla lotta di classe, la LCI dei giorni nostri ha capitolato ripetutamente di fronte ai governanti imperialisti. In ogni caso, le sue revisioni del programma trotskista sono avvenute quando questo è stato testato in tempi di crisi. Pertanto, l’attacco al World Trade Center e al Pentagono dell’11 settembre 2001 ha portato la LCI ad abbandonare la rivendicazione per la sconfitta dell’imperialismo statunitense. Ad un punto che, nel 2010, a gran voce ha appoggiato l’invasione USA di Haiti in nome del provvedere soccorso ai terremotati. Oramai completamente divorziati dalla realtà della lotta di classe, la LCI prova a rimediare per quel tradimento con lo schierarsi militarmente con lo Stato Islamico (in nome della lotta contro l’imperialismo) mentre l’IS compie un massacro comunitario della popolazione curda. L’attuale rifiuto della LCI a rivendicare il diritto di asilo per i rifugiati è la sua “nuova Haiti”, in cui con una reazione impulsiva al riformismo liberale della sinistra opportunista si schiera con le forze più reazionarie.
Una reale difesa degli immigrati intrappolati nella barbarie del capitalismo in putrefazione non può che basarsi sul programma dell’autentico trotskismo. Nonostante ciò, in Medioriente e nel Nordafrica, gli pesudo-trotskisti fanno rituale riferimento alla Rivoluzione Permanente mentre allo stesso tempo danno appoggio a “ribelli” filo-imperialisti (nel caso della LCI, agli islamisti jiadis dello Stato Islamico). La LQI invece guarda al proletariato curdo, turco, egiziano forte di milioni di operai. In Italia, gli pseudo-trotskisti dicono di opporsi al fronte popolare per poi dare sostegno “critico” a politici e formazioni impegnate nella politica di collaborazione di classe. Al fine di porre fine a quest’orgia di distruzione che strappa milioni di persone dalle loro case, distruggendo un’infinità di vite e forzando i sopravvissuti a intraprendere migrazioni pericolose; allo scopo di superare la terribile e settaria divisione che affligge la regione e accioche questa possa fiorire in tutta la sua diversità; allo scopo di difendere gli standard di vita della classe lavoratrice dell’Europa dagli assalti dei governanti capitalisti, è necessaria la rivoluzione su entrambe le sponde, quella settentrionale e quella meridionale, del Mar Mediterraneo!
La LQI/LFI cerca di costruire i nuclei dei partiti operai
genuinamente comunisti, basati sul programma bolscevico di
Lenin e Trotsky, per dirigere tutti gli oppressi in questa
lotta per gli Stati Uniti Socialisti d’Europa. ■
Pieni
di cittadinanza per i lavoratori
stranieri nella Russia Sovietica
Le seguenti clausole erano incluse nella prima Costituzione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica approvata dal V Congresso Panrusso dei Soviet, il 10 luglio 1918.
20. - In base al principio della solidarietà internazionalista tra i lavoratori di tutte le nazioni, la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa accorda i diritti politici dei cittadini russi agli stranieri che vivono sul territorio della Repubblica Russa per ragioni di lavoro e che appartengono alla classe operaia o ai contadini che non vivono del lavoro altrui; riconosce, inoltre, ai Soviet locali il diritto di accordare a questi stranieri la cittadinanza russa senza altra formalità.
21. - La Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa concede diritto di asilo a tutti gli stranieri perseguitati per delitti politici o religiosi.
Fonte: https://www.marxists.org/italiano/archive/storico/cost-urss.htm
- 1. “Tornare al Trotskismo”, lettera aperta di Carlo e Giulia, 11 maggio 2016.
- 2. Tratto da: “Verso il IV Congresso del Pdac - I giovani nella costruzione del partito rivoluzionario - Intervista ad Adriano Lotito (Gcr)”, 10 marzo 2015, http://www.alternativacomunista.it/content/view/2127/
- 3. Atti del IV Congresso del Pd’AC - Sez.ne Italiana della Lega Internazionale dei Lavoratori- Quarta Internazionale, Capitolo V, marzo 2015, http://www.alternativacomunista.it/dmdocuments/IV%20CONGRESSO/Atti%20IV%20Congresso.pdf
- 4. L’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) controllava la STET (azienda dei telefoni), l’ILVA (acciaio), la RAI (telecomunicazioni), porti, autostrade, superstrade, l’Alitalia, come anche la gran parte del sistema bancario L’Ente Nazionale Idrocarburi controllava il petrolio e l’energia. L’EFIM aveva il controllo di numerose piccole industrie manifatturiere.
- 5. “Il PCL alle elezioni amministrative”, 7 febbraio 2016 - http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=4864
- 6. “M5S: un movimento reazionario di massa”, 9 giugno 2016 - http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=5064
- 7. Spartaco, n. 79, http://www.icl-fi.org/italiano/spo/index.html
- 8. “Stragi migranti che prezzo umano ha la spending review?”, ControCorrente, 23 aprile 2015 - http://lnx.associazionecontrocorrente.org/site/?p=2465
- 9. “Strage di profughi nel Mediterraneo”, Spartaco n.78, maggio 2015 - http://www.icl-fi.org/italiano/spo/78/fortezzaeuropa.html
- 10. “La fortezza Europa razzista e la crisi dei profughi”, Spartaco n. 79, aprile 2016, http://www.icl-fi.org/italiano/spo/index.html.
- 11. Idem.
- 12. Idem.
- 13. Sito web del PCL, “La caduta di Gheddafi, rivoluzione e controrivoluzione in Libia” 26 agosto 2011 - http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=2336
- 14. Sito web del PCL, “Né pacifisti, né stalinisti. Contro la guerra, da comunisti rivoluzionari – Contro l’intervento imperialista, ma dalla parte della rivoluzione libica” 25 marzo 2011” - http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=2122
- 15. Sito web del PCL, “Il PCL a fianco della rivoluzione siriana. Contro l'aggressione imperialista! Cacciare Assad dal versante dei lavoratori e delle masse oppresse!” - http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=3374<
- 16. Sito web del PCL, “Giù le mani dalla Siria e dal suo popolo! Fermate l'aggressione imperialista! Truppe imperialiste, flotte, basi e mercenari, fuori dal Medio oriente e dal Mediterraneo orientale!” Risoluzione del CRQI, Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale, settembre 2013 - https://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=3469
- 17. Dichiarazione di principi e alcuni elementi di programma”, Lega comunista internazionale (quartinternazionalista) http://www.icl-fi.org/italiano/oldsite/DOP.HTM