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  Novembre 2024

Per azioni operaie contro la guerra imperialista e sionista

Grecia: I lavoratori portuali bloccano
le armi a Israele e all’Ucraina


17 ottobre 2024: I lavoratori portuali greci bloccano i container contenenti munizioni destinate a Israele. 
(Foto: PAME)

Brandendo razzi rossi e al grido di “Palestina libera!”, nella notte del 17 ottobre 2024 decine di lavoratori portuali del Pireo, il più grande porto della Grecia, hanno bloccato un container di 21 tonnellate di munizioni, impedendo che queste fossero caricate a bordo della Marla Bull, la nave diretta a Haifa, in Israele, per essere poi utilizzate nella guerra genocida degli USA e di Israele contro Gaza. Gli operai hanno scritto con lo spray sul container la frase: “Fuori gli assassini dal porto”.

L’azione è stata condotta dal Sindacato dei lavoratori portuali, l’ENEDEP, che la sera prima aveva deciso in un’assemblea generale di fermare il carico. Parlando ai lavoratori del turno di notte, al porto, il presidente dell’ENEDEP Markos Bekris ha dichiarato: “Non permetteremo il trasporto di materiale bellico che continuerebbe il genocidio del popolo palestinese”. E ha aggiunto: “Ci rifiutiamo di consentire che il porto del Pireo venga usato come una base per la guerra”, chiedendo la fine della partecipazione greca alla guerra stessa.

Mentre la notizia si diffondeva e un numero sempre maggiore di persone affluiva al porto, i lavoratori portuali e i loro sostenitori si sono posizionati dietro allo striscione sindacale che proclamava “Libertà per la Palestina! NATO assassina!” All’azione hanno preso parte anche l’Unione dei lavoratori metallurgici e dell’industria navale dell’Attica, il Centro operaio del Pireo e altre organizzazioni, oltre a un rappresentante della Federazione generale dei sindacati palestinesi (PGFTU).

La spedizione era in transito dalla Macedonia del Nord, che ha aderito all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) nel 2020 e che da allora ha cercato di rendersi utile all’alleanza militare imperialista fornendo munizioni a Israele sionista e all’Ucraina nella guerra per procura della NATO contro la Russia. La Marla Bull è di proprietà della compagnia israeliana Zim Integrated Shipping Services e batte la bandiera dello staterello delle Isole Marshall nell’Oceano Pacifico, che sono un protettorato statunitense formalmente indipendente e che forniscono una “bandiera di copertura” ai principali spedizionieri.

Il sindacato dei portuali ENEDEP è affiliato al PAME (Fronte militante di tutti i lavoratori), una federazione sindacale legata al Partito comunista greco (KKE), al pari degli altri sindacati che hanno partecipato all’azione di blocco. Il PAME ha immediatamente postato su X proclamando: “Ci siamo riusciti!” e “I LAVORATORI HANNO LA FORZA PER FARLO!” La sua dichiarazione affermava: “Non ci macchieremo le mani col sangue del popolo”, e sottolineava che la nave era stata costretta a partire senza il suo carico di morte.

In un articolo che acclamava tale azione, il quotidiano del KKE Rizospastis (del 19-20 ottobre) citava il delegato del PGFTU Mohamed Iqnaibi, il quale aveva detto ai lavoratori che “dalle vostre lotte, dal vostro sostegno e dalla vostra solidarietà noi traiamo forza e coraggio, fino alla vittoria. Ringraziamo i lavoratori portuali greci”. Il PAME ha postato i video dell’azione qui e qui.

Non è la prima volta che i lavoratori portuali greci hanno bloccato una nave che trasportava carichi bellici verso Israele. Il 14 giugno scorso, mentre circolavano resoconti sul fatto che la MSC Altair, carica di materiale militare per la guerra sionista contro Gaza, si stava avvicinando al porto, l’ENEDEP mise in guardia: “I lavoratori portuali del Pireo dichiarano che non accetteremo in alcun modo di scaricare la nave da qualsiasi molo, da un capo all’altro del porto. (...) Non osate far attraccare quella nave al porto del Pireo” (Rizospastis, 15 giugno).

Inoltre nel 2022 e nel 2023 i lavoratori guidati dal KKE hanno bloccato le spedizioni ferroviarie di armi per l’Ucraina, dirette verso nord dal porto di Alexandroupolis, sul Mar Egeo. E adesso l’hanno fatto di nuovo: il 6 novembre, nella città di Tyrnavos, nella Grecia centrale, i manifestanti del KKE e del suo gruppo giovanile, la KNE (Gioventù comunista di Grecia), hanno bloccato un convoglio di camion che trasportava munizioni e missili da un vicino deposito d’armi al regime fantoccio di Zelensky in Ucraina.

Mentre bloccavano il convoglio, costringendolo a tornare indietro, i manifestanti gridavano: “Niente terra né acqua per gli assassini del popolo” e “Fuori la NATO dalla Grecia”, e sui camion scrivevano con la vernice rossa: “Gli assassini della NATO tornino a casa loro”. Il sindaco, membro del Partito comunista, ha parlato alla manifestazione dicendo: “La gente di Tyrnavos, con le sue tradizioni militanti, (...) non permetterà che i carichi di morte passino attraverso la città, non permetterà l’ulteriore coinvolgimento del paese nella mattanza imperialista” (KKE, 8 novembre).


17 ottobre 2024: il container bloccato, con la bandiera palestinese. I lavoratori portuali del Pireo ci
hanno scritto sopra con la vernice spray:  “Fuori gli assassini dal porto”. (Foto: PAME)

Il rifiuto dei lavoratori greci di movimentare il materiale bellico è una dimostrazione esemplare di ciò che è assolutamente necessario – azioni operaie – per fermare il massacro del popolo palestinese in corso per opera degli USA e di Israele. Con quasi 50.000 abitanti di Gaza ufficialmente uccisi e un totale di morti che è probabilmente il doppio di quella cifra; con il 90% della popolazione di Gaza (oltre 2.000.000 di persone) sfollata e quasi il 100% che patisce la fame; con l’esercito israeliano e i coloni fascistoidi che imperversano in Cisgiordania e, adesso, con le oltre 3.500 persone uccise nell’invasione israeliana del Libano e più d’un milione di profughi, tutti i discorsi a proposito di un “cessate il fuoco” o di negoziati, sia da parte dei governi imperialisti sia da parte degli organizzatori del “movimento per la pace”, costituiscono una frode per deviare la protesta.

Fin dall’inizio di questo barbara aggressione, la Lega per la Quarta Internazionale e le sue sezioni nazionali hanno chiamato il movimento sindacale a difendere i palestinesi e a sconfiggere la guerra genocida degli Stati Uniti e di Israele contro Gaza.1 Nella nostra stampa e ad ogni manifestazione abbiamo rivendicato azioni operaie per fermare l’invio di armi a Israele, e lo stesso abbiamo fatto anche rispetto alla guerra imperialista per procura della NATO contro la Russia a proposito dell’Ucraina. Abbiamo pubblicizzato un appello del PGFTU all’azione sindacale in un nostro supplemento speciale per il Primo Maggio in inglese, francese,2

Già nell’ottobre 2023 il PGFTU di Gaza chiamò i lavoratori, a livello internazionale, a intraprendere azioni per “rifiutare di costruire armi per Israele”, per “rifiutare di trasportare armi in Israele”, per “approvare mozioni nei loro sindacati” in tal senso, ecc. In Africa, la National Union of Metalworkers of South Africa (NUMSA), il più grande sindacato del continente, ha dedicato le sue azioni per il Primo Maggio “alla lotta del popolo di Palestina”. Per sua iniziativa, la conferenza regionale africana della Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti (ITF) ha invitato “tutti gli affiliati all’ITF a sostenere i lavoratori che si rifiutano di movimentare merci collegate all’occupazione israeliana”.

Negli Stati Uniti, grazie agli sforzi di Class Struggle Workers – Portland (CSWP), cinque sindacati dell’area di Portland, nello Stato dell’Oregon – lo IUPAT Local 10 (imbianchini), l’Ironworkers Local 29 (lavoratori dell’acciaio strutturale), l’IBEW Local 48 (elettricisti), l’AFT Local 111 (personale scolastico) e il Carpenters Local 503 (falegnami/carpentieri) – hanno approvato risoluzioni che facevano appello a azioni sindacali per fermare la spedizione di armi a Israele, per la fine immediata dei bombardamenti israeliani su Gaza, per cacciare Israele da Gaza e dalla Cisgiordania e per mettere subito fine a qualsiasi amamento di Israele.3

La risoluzione del Primo Maggio della NUMSA ha messo in evidenza le azioni dell’International Longshore and Warehouse Union (ILWU) contro le navi israeliane nelle precedenti guerre sioniste, ma anche contro il regime dell’apartheid in Sudafrica. Tenendo fede alla sua tradizione, il Primo Maggio il Local 10 dell’ILWU, nell’area della Baia di San Francisco, ha adottato all’unanimità una risoluzione per “rifiutarsi di movimentare carichi militari destinati a Israele” e per “rispettare i picchetti di protesta contro la guerra a Gaza, come abbiamo ripetutamente fatto in passato”. Ma questa vigorosa risoluzione è stata sconfitta dalla burocrazia sindacale al congresso dell’ILWU svoltosi in giugno.

Nel frattempo, alla vigilia del breve sciopero (di tre giorni) dell’International Longshoremen’s Association (ILA) che ha bloccato i porti statunitensi della costa orientale e del Golfo all’inizio d’ottobre, il presidente dell’ILA, Harold Dagget, ha rilasciato una disgustosa dichiarazione in cui affermava che “l’ILA, il sindacato ‘I LOVE AMERICA’, manterrà il suo impegno di vecchia data a movimentare i carichi militari anche durante uno sciopero”.

In Europa diversi sindacati hanno rilasciato dichiarazioni in cui affermavano il proprio rifiuto di trasportare carichi militari in Israele, compresi i lavoratori dei trasporti in Belgio e gli operai portuali di Barcellona, in Spagna. Tuttavia queste sono rimaste in gran parte risoluzioni sulla carta, senza nessuna attuazione concreta, ciò che ha indotto il PGFTU di Gaza a lamentarsi, nel suo appello del marzo 2024, per “lo scioccante silenzio e la negligenza del movimento sindacale internazionale”. Quel che è peggio, in Germania il sindacato dei metalmeccanici, l’IG Metall, ha vergognosamente sostenuto la produzione e l’esportazione di armi in Israele e in Ucraina.

Le eccezioni, come segnalato dai sindacati palestinesi, sono costituite dall’Italia, dove i combattivi sindacati “di base” hanno chiuso i porti di Genova e di Livorno, rifiutandosi di caricare materiali militari per Israele, portando nelle strade decine di migliaia di lavoratori e mettendo in atto per due volte scioperi nazionali di una giornata (il 24 febbraio e il 25 giugno 2024) in solidarietà con i palestinesi. Gli operai messicani dello Stato di Puebla hanno registrato un video che saluta queste azioni dei combattivi sindacati italiani. Le federazioni sindacali tradizionali (CGIL-CISL-UIL), però, non hanno fatto nulla.

E poi c’è la Grecia, dove, come abbiamo riferito più sopra, i lavoratori e gli elementi di sinistra hanno bloccato le spedizioni di armi per la guerra della NATO contro la Russia e a favore dell’Ucraina e contro la guerra genocida degli USA e di Israele a Gaza. Il KKE ha una pronunciata concezione socialpatriottica, difende a gran voce la “sovranità” greca (contro la Turchia per le isole dell’Egeo, ad esempio) e si rifiuta di difendere la Russia contro la guerra per procura della NATO a favore dell’Ucraina, il che equivale a una capitolazione all’imperialismo. Ma a differenza di molti elementi di sinistra opportunisti in altre parti d’Europa, che adottano una politica “neutrale” non-interventista per mettersi alla coda del “movimento per la pace” filo-ucraino e pro-imperialista, il Partito comunista greco realizza per lo meno delle azioni concrete contro gli imperialisti e i sionisti.


6 novembre 2024: Il Partito comunista greco ha mobilitato i propri sostenitori nella città di Tyrnavos (Grecia centrale) per bloccare un convoglio di camion che trasportavano munizioni e missili in Ucraina. (Foto: KKE)

Il massacro dei palestinesi continua. Che fare? Come dimostrano le azioni dei sindacati combattivi e degli elementi di sinistra in Italia e in Grecia, e come dimostra praticamente dovunque l’incapacità o il totale rifiuto dei sindacati e delle federazioni sindacali “ufficiali” di agire contro questo bagno di sangue, la lotta per azioni operaie classiste deve essere parte di una battaglia più ampia contro la burocrazia sindacale pro-imperialista. Il programma di questa “aristocrazia del lavoro”, come la definì Lenin, è quello della collaborazione di classe, che riflette la sua sempre maggiore integrazione nello Stato imperialista. Contro di essa, come ha sottolineato la Lega per la Quarta Internazionale, la lotta di classe militante richiede la direzione di un’avanguardia proletaria rivoluzionaria basata sul programma bolscevico di Lenin e Trotsky.

Fermare un container pieno di munizioni diretto verso Israele o un convoglio di carichi militari verso l’Ucraina, organizzare uno sciopero di una giornata o la chiusura di un porto – questi sono primi passi, ma sono fondamentali per indicare la direzione che la lotta deve imboccare. Mentre gli appelli ai governi affinché dichiarino un embargo sulle armi destinate a Israele (così come gli appelli al “boicottaggio, disinvestimento, sanzioni”) mirano a esercitare una pressione sugli imperialisti, per lo più invano, l’appello a azioni operaie basate sulla lotta di classe invece rappresenta un passo in avanti sulla via dell’abbattimento del sistema capitalista-imperialista. Mentre gli imperialisti precipitano verso una Terza guerra mondiale termonucleare, la lotta contro il loro dominio sanguinario – che produce guerre senza fine, la povertà, il razzismo e gli altri flagelli sociali che affliggono l’umanità – può essere vinta soltanto attraverso la rivoluzione socialista internazionale. ■